Il Consiglio dei Ministri del 13 ottobre 2021 ha revocato la licenza di estrazione dell’oro alla compagnia mineraria Société des mines de Belahouro SA, per il sito di Inata nella provincia di Soum.
La motivazione, come si può supporre, sono i soldi. Il governo ha infatti accusato l’azienda di non aver onorato i debiti nei confronti di fornitori, dipendenti e fisco. Le intenzioni sono quelle di assegnare il permesso d’estrazione a qualche altr compagnia.
Dal canto suo il gruppo Balaji RWAL UK JERSEY COMPANY ET OTHERS, proprietario della concessione, ha annunciato a mezzo comunicato stampa di non accettare la decisione e di volerla impugnare dinnanzi ad un tribunale. Esso afferma infatti che l’insicurezza dell’area, a causa degli attacchi jihadisti, ha causato un rallentamento della produzione, e nel contempo ha accusato il governo di non essere stato in grado, benché al corrente della situazione, di garantire la sicurezza per gli operatori ed i trasportatori.
Si tratta probabilmente della prima iniziativa del genere da parte dell’esecutivo del Burkina Faso. Ovviamente è difficile sapere da quale parte stia la ragione. Inconfutabile è che l’area sia afflitta dal fenomeno del terrorismo, ma se sono state formulate accuse di mancati pagamenti, probabilmente esse sono veritiere. Ci si domanda come mai non si faccia parola delle scorte armate private, che pure molte compagnie minerarie hanno implementato nel corso degli anni. Evidente è che il governo non sia in grado al momento di controllare tutto il suo territorio, e pertanto chi può, potrebbe anche pensare ad arrangiarsi per quanto possibile. In fondo i guadagni delle multinazionali che sfruttano i giacimenti in Burkina Faso sono tali da permetterlo senza ombra di dubbio.
Va da sé che difendere i giacimenti significa distogliere forze da villaggi e territorio.