Come era prevedibile, il leader della junta militare salito al potere in Burkina Faso nel 30 settembre 2022, ha deciso che la poltrona su cui siede è così comoda che ci rimarrà per altri 5 anni, in barba alla promessa di ridare il potere alla società civile fatta all’indomani del colpo di stato, per tranquillizzare soprattutto l’opinione pubblica e le istituzioni internazionali.
Il Parlamento ha ratificato tale decisione in fretta e furia lo scorso 25 maggio 2024, secondo diversi giornalisti locali non c’è stato alcun dibattimento (come era ovvio attendersi in un governo militare). Va comunque precisato che il buon Traoré non rimarrà presidente della transizione per mera sete di potere, ma perché, nonostante la sua ferma volontà di cedere il bastone del comando, glielo ha chiesto il popolo…
La decisione, per altro abbastanza attesa, ci porta a fare alcune logiche osservazioni.
Innanzitutto, i dittatori sono uguali dappertutto, a prescindere dal colore. Una volta che si siedono sulla poltrona, serve un altro carro armato per farli sloggiare.
Secondo, il buon Ibrahim Traoré si è reso contro che governare un Paese e comandare una caserma sono cose diverse. In una nazione esistono voci divergenti, e non tutti sono disposti a stare zitti ed obbedire pedissequamente agli ordini: ne fanno le spese attivisti, società civile e media soprattutto internazionali; la retorica è la stessa che si sente in Israele in questi giorni: il governo può commettere qualunque crimine, qualunque atrocità, ed è legittimato in ciò dalla “guerra al terrorismo”; se non accetti tale condizione, sei “antisemita” per Israele, o “agente straniero” in Burkina Faso. Non importa che chi denuncia gli abusi del governo, denunci anche quelli dei terroristi, alla retorica populista fa comodo così. In Burkina Faso attivisti e membri della società civile spariscono, vengono imprigionati, o arruolati forzatamente nei VDP per combattere gli jihadisti; i media vengono costretti ad allinearsi al governo, oppure vengono sospesi o chiusi, sia quelli internazionali che quelli nazionali.
Terzo, dal 2022 al 2024 le problematiche relative all’insicurezza sono cambiate ben poco. Nonostante i media locali da tempo ormai si soffermino sempre meno sugli attentati degli jihadisti e molto più sui successi di esercito e VDP, la pressione dei terroristi è aumentata in alcune zone, come la regione del Centro Ovest ove risiede il nostro sempre prezioso collaboratore Dany, che ci riferisce di numerosi episodi criminosi in loco, tanto da impedire il proseguimento dei lavori di costruzione di un impianto idrico, in collaborazione con l’associazione Amici del Burkina Faso OdV. Gli spostamenti rimangono molto pericolosi, e nonostante i successi dell’esercito al nord, gli abitanti continuano a lamentare l’impossibilità di spostarsi in sicurezza.
Quarto, i Francesi sono stati cacciati, e sono arrivati i Russi: l’Africa Corps (ex Wagner) è ufficialmente entrato in Burkina Faso, come abbiamo già riferito sulle pagine di questo sito. Al momento ancora non si hanno notizie di un loro diretto coinvolgimento in operazioni anti terrorismo, come avviene invece in Mali. Ma allora cosa ci stanno a fare? È presto detto: a proteggere gli asset russi (miniere principalmente) e lo stesso Ibrahim Traoré! E questo è un punto importante: il dittatore non si fida più dei suoi uomini, dopo lo scorso tentativo da parte di altri militari suoi sottoposti di rovesciare il suo governo, egli ha deciso di affidarsi ai suoi fidati amici russi. Putin non aspettava altro. Al lettore trarne le conseguenze.
Quinto, la tanto auspicata riconciliazione nazionale fra le diverse etnie e culture, con Traoré è finita in secondo piano per non dire sparita del tutto. Al di là di ciò che accade nella capitale, dove comunque c’è chi continua a lavorare in tal senso, è sotto gli occhi di tutti che il conflitto fra Mossi e Fulani sia oltremodo acuito fino ad essere completamente fuori controllo. I Mossi, rappresentano l’etnia principale che più di ogni altra fornisce uomini alla milizia dei Volontari per la Difesa della Patria, mentre i pastori Fulani vengono dai primi spesso additati come collaborazionisti dei terroristi jihadisti, e divengono sempre più spesso vittime delle rappresaglie di VDP ed esercito burkinabé.