Nei giorni scorsi sui mass media del Burkina Faso è salito alla ribalta un tema che in Italia potremmo definire dicarattere populista. Infatti nel bel mezzo di una crisi alimentare dovuta all’impennata dei prezzi che rischia di fare migliaia di morti, di continui attacchi da parte di terroristi e del dramma di quasi 2 milioni di sfollati interni, nel nuovo governo istituito dalla junta militare capeggiata dal colonnello Paul Henri Sandaogo Damiba, i neo ministri non hanno trovato nulla di meglio da fare che aumentarsi gli stipendi, a poco più di 3 mesi dalla ricezione del loro incarico. Cero, si tratta di un premio dovuto per gli inconfutabili risultati ottenuti in tutti i campi in quel breve lasso di tempo… Gli stipendi dei ministri sono passati da 973.320 franchi Cfa (quasi 1.500 euro) al mese a 2.386.256 franchi Cfa (oltre 3.600 euro); e quello del primo ministro, Albert Ouedraogo, da 1.089.720 franchi Cfa a 2.782.717 franchi Cfa. Si tratta di aumenti rispettivamente del 145% e del 155%.
i media locali filogovernativi parlano di „malafede“, mancanza di obiettività, e cercano di fare i conti un po‘ a modo loro: l’aumento sarebbe in realtà un'“armonizzazione“ relazionata all’innalzamento del costo della vita. Peccato però che siano stati „armonizzati“ solo gli stipendi dei ministri, e non quello del resto della popolazione od almeno degli altri dipendenti pubblici.