Come tutti i Paesi dell’area saheliana, anche il Mali soffre di problemi legati al cambiamento climatico ed alle scriteriate pratiche di sfruttamento delle risorse. Quello della deforestazione è un problema atavico e che fino ad ora è stato sottovalutato od ignorato dai vari governi del mondo. Che non si faccia abbastanza in tal senso è sotto gli occhi di tutti, eppure in nome del denaro si preferisce chiudere gli occhi.
Nell’area del Sahel sono diversi i progetti di rimboschimento finanziati dalla comunità internazionale, fra cui quello della Grande Muraglia Verde (Great Green Wall), che sostiene le comunità locali nelle attività di rimboschimento, ma spesso sembra di combattere contro i mulini a vento.
Un esempio è quello della foresta di Zamblara, regione di Sikasso nel Mali. Per decenni il luogo è stato classificato come protetto, ma gli abitanti del luogo continuano a tagliare gli alberi per procurarsi legna da ardere e vendere. Fuori dalle città non esistono altri sistemi per poter cucinare o scaldare l’acqua, troppo costosi. Fra gli abitanti c’è chi riconosce l’esistenza del problema, ma altri non ritengono la situazione particolarmente preoccupante, più interessati a sbarcare quotidianamente il lunario attraverso la propria attività di taglialegna.
Aida M’bo, ex ministro dell’Ambiente del Mali, ora dedica il suo tempo alla piantumazione di alberi proprio a Zamblara, in una battaglia che molti nell’arido paese dell’Africa occidentale ritengono disperata. La sua ONG è sostenuta finanziariamente dalla sopra citata Great Green Wall, che mira a piantare alberi lungo una linea di quasi 8.047 chilometri attraverso il continente, creando una barriera naturale per trattenere il deserto mentre il cambiamento climatico spazza le sabbie verso sud. Ciò con alterne fortune, a causa di diversi fattori, fra cui l’instabilità politica. Ad ogni modo milioni di alberi sono morti con l’aumento delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni. Di conseguenza, solo il 4% dell’obiettivo originale della Grande Muraglia Verde è stato raggiunto e si stima che sarebbero necessari 43 miliardi di dollari per raggiungere il resto. Sempre che gli abitanti non si mettano a tagliare gli alberi per ricavarne legname. La questione è molto ampia: economica e speculativa, politica, ambientale, educativa e richiederebbe un approccio a più livelli.
Uno studio del 2019 della Commissione per l’energia africana ha scoperto che il 64% del consumo totale di carburante del Mali era di biomassa, principalmente legna da ardere e carbone per uso domestico; una vera e propria dipendenza. Negli ultimi tre decenni, quasi 20.000 chilometri quadrati di foresta sono andati perduti in Mali, secondo l’organizzazione non-profit ambientale Tree Aid.